
Corretta alimentazione: qual è la dieta migliore per la nostra salute?
Dieta mediterranea, dieta scandinava, dieta di Okinawa: quale scegliere? Integratori sì oppure no? Le considerazioni del dottor Stefano Restani, esperto in Alimentazione ed Educazione alla Salute
Le attuali conoscenze scientifiche evidenziano la correlazione tra alimentazione non corretta/errori dietetici e insorgenza di numerose patologie.
Le malattie che affliggono oggi la nostra società sono definite malattie croniche non trasmissibili: mi riferisco ai problemi cardiovascolari, ai tumori, alle malattie neurodegenerative (Alzheimer, Parkinson), al diabete mellito di tipo 2 (detto “dell’età avanzata”) ecc.
Nessuna di queste “arriva per caso”: la loro insorgenza presuppone la pre-esistenza, nonostante una situazione di “apparente benessere”, di una situazione di precarietà a livello molecolare (carenze di varie sostanze, come vitamine o minerali), a livello di matrice extracellulare (fondamentale per la salute delle cellule da questa circondate), a livello psicologico.
Un soggetto che si trovi in questa situazione di apparente benessere sarà più facile preda da parte di infezioni (come l’epidemia Coronavirus), oppure potrà avere più probabilità che compaiano disturbi o sintomi evidenti, insorti come dal nulla. E se questi verranno trattati esclusivamente in maniera farmacologica, senza alcun cambiamento nel proprio stile di vita, il rischio è la possibilità di comorbidità che si accumuleranno negli anni, quindi altri farmaci, ancora più fragilità.
I soggetti che sono deceduti o hanno superato a gran fatica l’infezione da Coronavirus avevano queste caratteristiche: persone “in bilico”, con matrice extracellulare già compromessa (ad es. da un cattivo stato di salute e dall’assunzione di farmaci), con situazione a livello di micronutrienti (vitamine, minerali) sicuramente compromessa, soggetti nei quali l’infezione virale è stata “la goccia che ha fatto traboccare il vaso”.
Qual è il corretto comportamento alimentare per mantenersi in salute? Sono tantissimi i filoni di pensiero: dieta mediterranea, chetogenica, iperproteica, paleodieta, dieta mima digiuno ecc. Difficile capire chi abbia ragione. Ecco alcune delle più diffuse e accreditate.
- Dieta mediterranea
La dieta mediterranea vera è ben diversa dallo stile alimentare attuale, in termini quantitativi e qualitativi. Molti alimenti che consumiamo oggi non hanno quel contenuto in micronutrienti che avevano prima delle Seconda Guerra Mondiale. Dopo il grande conflitto cominciò l’uso massiccio della chimica in agricoltura: questo garantì maggiori raccolti, ma un impoverimento micronutrizionale. Associato a questo fenomeno, c’è quello della comparsa all’interno di frutta e verdura di varie sostanze chimiche utilizzate in agricoltura, ovvero pesticidi, fertilizzanti, metalli pesanti, microplastiche. Come conseguenza, anche negli animali allevati e nei prodotti della pesca sono comparse queste stesse sostanze. E l’uomo ne è il consumatore finale.
Personalmente ritengo che la nostra amata dieta mediterranea vada rivista alla luce dei cambiamenti socioculturali avvenuti negli ultimi sessant’anni: meno lavoro fisico, più lavoro “intellettuale”, più sedentarietà. L’apporto energetico che secondo i dettami della dieta mediterranea dovrebbe provenire per circa il 60% da carboidrati, per un 25-30% da grassi e per un 10-15% da proteine si abbinava perfettamente all’Italiano del Dopo Guerra, ma oggi rischia di essere sbilanciato verso i carboidrati e povero a livello proteico. Da parecchi dati in letteratura, sembrerebbe auspicabile quindi rivedere la suddivisione percentuale di apporto energetico in modo tale che questo provenga per il 45% dai carboidrati, per il 25-30% dai lipidi e per il 25-30% dalle proteine. - Dieta scandinava o nordica
Esiste uno studio su questa dieta, pubblicato nel 2019 sul Journal of American Medical Directors Association, che dimostrerebbe la sua maggiore efficacia rispetto alla dieta mediterranea nel prevenire le disabilità fisiche e la perdita di autonomia collegate allo scorrere degli anni. Le differenze tra la “nostra” dieta e quella scandinava sarebbero: un maggior consumo di pesci che vivono in mari freddi (aringhe, stoccafisso, salmone) così come di verdure tipiche di quei climi più rigidi (es. i cavoli). La carne proviene soprattutto da selvaggina, i cereali sono quasi costantemente integrali, c’è abbondanza in frutta secca, frutta di bosco, erbe aromatiche. Al posto dello zucchero industriale, per dolcificare vengono utilizzati miele e sciroppo d’acero. Se analizziamo bene, al di là delle differenze legate ai diversi climi, questa alimentazione ricorda molto la vera antica dieta mediterranea: ci siamo industrializzati troppo, abbiamo preferito il “buono per il palato” rispetto al “buono per l’organismo”, e la stiamo pagando molto cara. - Dieta di Okinawa
Fatte le dovute differenze relative alla diversa posizione geografica e alla reperibilità di alimenti meno presenti o noti nell’area del Mediterraneo, anche questa dieta si basa su concetti chiave (e che accomunano le tre diete esaminate, anche se per la mediterranea mi riferisco a “come era una volta”): calorie non in eccesso, ma densità nutrizionale elevatissima, che significa grande presenza di tutte quelle sostanze micronutrizionali (vitamine, minerali, polifenoli, flavonoidi ecc.) che sono i veri “mantenitori” della salute.
Quindi, quale dieta scegliere? A mio avviso non esiste una dieta migliore, o meglio: la dieta ideale è quella che su un soggetto che sta utilizzando uno specifico regime alimentare dimostra di aver migliorato la qualità della sua salute.
Integratori sì o no?
La credenza, anche medica, è che se mangiamo un po’ di tutto, assimiliamo quello di cui abbiamo bisogno. Ma che gli alimenti fornissero tutto ciò di cui abbiamo bisogno era sicuramente vero quando gli ortaggi, i legumi, la frutta, i cereali a disposizione crescevano “non pompati” da fertilizzanti e “non curati” da varie sostanze chimiche. Oggi non è più così, dobbiamo esserne consapevoli. Inoltre molti sistemi di cottura distruggono o fanno disperdere molte delle sostanze benefiche contenute negli alimenti.
Inoltre per alcune sostanze per verificare se ci sia carenza ci si rifà agli esami del sangue: ma non è da questi esami che si può cogliere una carenza subclinica di un certo minerale. È noto che una grande fetta di popolazione ha carenza subclinica di Magnesio, oppure di Selenio, di Ferro, di Zinco o altri minerali. Così come è evidenza che vi sia, diffusa, una carenza in vitamina D. E spesso le malattie, che non vengono per caso, nascono da uno scarso apporto di una di queste sostanze.
Perché allora per curare non si può pensare a ripristinare la normalità nell’organismo di questi micronutrienti? Forse perché è indaginoso ed effettivamente dispendioso (soldi e tempo) trovare e capire “cosa manca”, più semplice, rapido e di immediato riscontro sopprimere il sintomo… ma sul lungo periodo questa scelta genererà ulteriori problemi, che richiederanno altri farmaci.
Quindi: integratori sì o integratori no? Tendenzialmente la mia personale risposta è: sì, cercando di personalizzare il più possibile la scelta del prodotto in base a un’attenta analisi ed anamnesi del soggetto visitato.
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